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COVID-19, Italia: cambiano i criteri sull’assegnazione dei colori alle regioni, ma i dati sui posti letto non sono ancora un bene comune

Il 22 luglio 2021 sono stati annunciati i nuovi criteri per assegnare i colori delle zone di ogni regione d’Italia, che saranno validi a partire da giorno 1 agosto 2021. I parametri principali saranno due:

  1. il tasso di occupazione dei posti letto in area medica per pazienti affetti da Covid-19; 
  2. il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva per pazienti affetti da Covid-19.

Le informazioni relative sono presenti da mesi sulle pagine (qui i posti letto) del sito dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali. Alcune note:

  • sono pubblicate soltanto quelle dell’ultimo giorno di cui si hanno dati;
  • sono pubblicate come tabella HTML;
  • non sono associate a codici standard che ne consentono una codifica automatica (ad esempio le regioni e le province autonome, non sono identificate dai loro codici).

Tutti questi punti sono molto limitanti per queste informazioni: non è possibile avere un quadro del fenomeno nel tempo, non sono pubblicate in un formato adeguato all’analisi informatica e non è possibile incrociarle in modo diretto con altre, perché – a proposito di codici standard – ci sarebbero dei nomi di regione da correggere (è “Friuli-Venezia Giulia” e non “Friuli Venezia Giulia”, è “Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen” e non “P.A. Bolzano”).

Le pubbliche amministrazioni dovrebbero garantire la qualità delle informazioni riportate nei loro siti istituzionali, in conformità a quanto originariamente in loro possesso. La tabella HTML di questo esempio è soltanto una rappresentazione del dato, non il dato in sé.

I dati sui tassi di occupazione dei posti letto consentiranno la classificazione dei colori delle zone delle regioni d’Italia, quindi avranno un impatto diretto sulla vita delle persone. Per questa ragione, e in linea con il Codice dell’Amministrazione Digitale, il Piano Triennale per l’Informatica nella PA, le direttive nazionali ed europee sulla valorizzazione del Patrimonio Informativo del Settore Pubblico, devono essere pubblicati anche come dati aperti, machine readablenon aggregati, esposti come API, riusabili e basati su standard di classificazione.

Chiediamo all’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali e al Ministero della Salute di muoversi in tal senso, iniziando a pubblicare da subito questi dati in uno dei formati tipici (CSV, JSON, ecc.), associando una codifica standard alle aree geografiche (la NUTS2 è ideale).

Chiediamo altresì di andare oltre il totale e di avere la distinzione per fasce di età, paese di provenienza e genere. Quest’ultimo ha un valore molto importante, perché la pandemia corrente ha avuto (e ha) un impatto molto diversificato per genere (vedi i clamorosi dati sui licenziamenti di fine 2020): sarebbe opportuno quindi potere leggere questi dati anche in relazione a questa classificazione, data anche l’esistenza del “Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere”, approvato dal Ministero della Salute nel 2019.
Senza tutto questo i dati non sono un Bene Comune e la PA deve fare sempre in modo che lo siano.