Lo scorso 8 aprile la campagna #datiBeneComune vi ha raccontato le 50.000 buone ragioni per liberarli tutti. Una di queste ce l’ha spiegata Nino Cartabellotta, medico e Presidente della Fondazione GIMBE, pioniere italiano dell’Evidence-based Practice.
La Fondazione GIMBE ha lo scopo di promuovere l’integrazione delle migliori evidenze scientifiche nelle decisioni che riguardano la salute delle persone. Per questo, sin dal febbraio scorso, si è occupata di monitorare in maniera indipendente la situazione pandemica nel nostro Paese ed è stata tra i primi a scontrarsi con la mancata disponibilità di dati pubblici adeguati a effettuare analisi puntuali della realtà.
Proprio in virtù del lavoro svolto, Nino Cartabellotta ha enfatizzato l’importanza della campagna #datiBeneComune e ci ha aiutato a fare chiarezza sulle tre principali fonti di dati utilizzate per analizzare l’andamento della pandemia. Si è quindi soffermato sulle rispettive lacune e sugli aspetti per i quali possiamo e dobbiamo chiedere più dati aperti e riutilizzabili.
Quali dati e come?
La prima grande fonte dati, o dataset, è rappresentata dall’aggiornamento giornaliero dei casi Covid-19 pubblicato nel bollettino del Ministero della Salute. Sebbene questo abbia il pregio di avere una frequenza giornaliera e dati aperti, è però poco ricco di informazioni.
Il bollettino al momento riporta i dati aggregati a livello regionale. È possibile leggervi il numero di pazienti in isolamento domiciliare, ricoverati con sintomi, in terapia intensiva, dimessi guariti, deceduti e il numero di tamponi effettuati. Per Nino Cartabellotta invece, è necessario rendere accessibile la stessa distribuzione dati anche a livello di provincia, nonché il numero dei contagi al livello di comune. Si tratta di informazioni chiave per poter adeguatamente attivare le cosiddette zone rosse mirate o zone rosse localizzate.
Un altro aspetto fondamentale in questo primo dataset è la mancanza di dati relativi all’evoluzione clinica dei soggetti positivi. Ovvero, il numero dei soggetti che dall’isolamento domiciliare passa all’ospedalizzazione, che dall’ospedalizzazione passa in terapia intensiva, e così via. Sappiamo che la gestione dei decessi si è rivelata essere uno dei grossi problemi della gestione pandemica in Italia. Ciò è stato dovuto principalmente all’assenza di una mappatura dei luoghi di decesso, che sia in terapia intensiva, presso il domicilio o un RSA.
“Spesso ci chiedono: ma perché in Italia ci sono così tanti decessi? La prima contro- domanda che io faccio è, se non sappiamo dove siano avvenuti si fa molta fatica a definire da dove vengono”.
Nino Cartabellotta, Fondazione GIMBE
Il secondo dataset è reso disponibile dal sistema di sorveglianza integrata nazionale, gestito dal 27 febbraio 2020 dall’Istituto Superiore per la Sanità e coordinato dal Dipartimento Malattie Infettive. La sorveglianza integrata raccoglie le informazioni su tutti i casi di infezione da SARS-CoV-2 confermati in laboratori regionali e informa i cittadini sull’evoluzione dell’epidemia tramite un report settimanale. Tuttavia, il report presenta dati aggregati e i pochi dati aperti sono comunque non storicizzati e solo parziali.
Questo database, che rappresenta il database di tutti i flussi informativi fondamentali, dovrebbe essere reso accessibile con dati aperti.
Il terzo e ultimo dataset proviene dal monitoraggio settimanale del rischio sanitario connesso al passaggio alla fase 2A, ai sensi del Decreto del Ministro della Salute del 30 aprile 2020. Questo rappresenta la base del sistema di attribuzione dei colori delle regioni e le relative restrizioni delle attività e degli spostamenti. Pur influendo in maniera così incisiva sulle nostre vite quotidiane, si tratta altresì di un report privo di dati aperti e riutilizzabili. Inoltre, Nino Cartabellotta sottolinea che al momento sono disponibili solamente i report a partire dalla settimana del 19-25 ottobre 2020 e che alla Fondazione GIMBE non è stato ancora possibile accedere ai report precedenti, richiesti tramite lo strumento dell’accesso civico.
In un paese democratico tutti i dati devono essere aperti
Nino Cartabellotta, Fondazione GIMBE
L’accesso a dati aperti è fondamentale per permettere delle valutazioni indipendenti dell’andamento della pandemia non solo da parte della Fondazione GIMBE, ma di tutti i ricercatori che ne hanno il diritto e se ne fanno carico. Ricordiamoci che il Servizio Sanitario Nazionale e la partecipazione alla vita pubblica sono beni da tutelare sempre con integrità e trasparenza.