L’8 aprile è stato un giorno particolare per la campagna #DatiBeneComune. Tutti insieme abbiamo voluto condividere con un evento on-line le 50.000 buone ragioni per liberarli tutti.
Associazioni, centri di ricerca e testate giornalistiche hanno partecipato e raccontato l’importanza di avere dati accessibili e riutilizzabili che davvero possano spiegarci la pandemia. Tanti punti di vista, tante esigenze diverse, ma tutti legati da un unico comune denominatore: il diritto di conoscere.
Vogliamo ripercorrere con voi i momenti salienti dell’evento con una serie di articoli che pubblicheremo sul sito della campagna, per ricordarci perché esistiamo e perché abbiamo deciso di intraprendere una strada non facile, lunga, piena di ostacoli, che tuttavia, grazie alla forza della comunità che si è creata e che ancora continua a crescere, può portare a grandi risultati.
Iniziamo quindi ripercorrendo le parole dei rappresentanti delle tre organizzazioni che hanno dato il via all’avventura di #DatiBeneComune.
Questo Paese è pieno di persone intelligenti. Facciamo vedere quanto siamo intelligenti
Elisa Visconti, ActionAid
Elisa Visconti di ActionAid ci ha riportato con il suo racconto a quei giorni di novembre in cui la campagna è nata. La miccia è stata accesa da Ondata, ActionAid e Transparency International Italia e da tutti i cittadini e cittadine che individualmente o con la loro organizzazione hanno subito aderito, facendo sì che scoppiasse in un fantastico fuoco d’artificio.
Come ha sottolineato Elisa, viviamo nel primo periodo della storia realmente data-driven, e le decisioni dei Governi dovrebbero essere basate sui fatti e alimentate dai dati, anche se purtroppo non è sempre così.
“Il dato è entrato nelle nostre case e ci dice cosa possiamo e non possiamo fare, parlare di dati adesso significa dunque parlare di diritti”.
Abbiamo bisogno di conoscere questi dati: essere un buon cittadino e una buona cittadina significa partecipare e prendersi cura della cosa pubblica; senza consapevolezza e presa di coscienza reale è più difficile adottare comportamenti responsabili.
Andrea Borruso, Presidente di Ondata, ci ricorda che questa è una campagna che abbraccia tutti e che il senso è anche quello di creare un’occasione di dialogo con il Governo che è mancata in questi mesi.
DatiBeneComune vuole creare un’occasione di dialogo con il Governo che è mancata in questi mesi
Andrea Borruso, Ondata
DBC esiste anche e soprattutto per essere un supporto alle esigenze dei cittadini. Come ricorda Andrea nel suo intervento, la mattina dell’evento siamo stati contattati da uno studente del liceo per fare in modo che i dati sulle zone di rischio sismico nei comuni italiani fossero associati ad una licenza corretta che ne permettesse il riutilizzo. Abbiamo così fatto la richiesta alla Protezione Civile che ha risposto positivamente e adesso quei dati sono diventati un bene comune. “Vogliamo essere al servizio di questo tipo di richieste”.
Susanna Ferro di Transparency International Italia, infine, non poteva che sottolineare il valore della trasparenza. Quella che per noi di #DatiBeneComune passa necessariamente dall’accesso a dati aperti e riutilizzabili.
La trasparenza è fondamentale, affinché i cittadini e le cittadine abbiamo fiducia nelle Istituzioni che li governano e possano consapevolmente accettare i provvedimenti restrittivi che si sono susseguiti in questi mesi.
La trasparenza è alla base della fiducia tra Istituzioni e cittadini. Abbiamo bisogno di ripristinarla
Susanna Ferro, Transparency International Italia
La pandemia ha fatto capire a tantissime persone come la trasparenza delle informazioni, la trasparenza dei processi decisionali, la trasparenza dei dati non riguarda solo gli “addetti ai lavori”. Riguarda tutti perché ha ricadute sulla vita di ciascuno di noi. A volte ne risentiamo di più, come nel caso di questa terribile pandemia, a volte ne risentiamo di meno, ma non per questo la trasparenza perde di importanza. La grande adesione alla campagna da parte di tante componenti diverse della società civile e di tanti cittadini è il segnale che qualcosa è cambiato e che l’attenzione verso questi temi è finalmente matura.